Ad Hiroshima la pioggia scendeva sul volto triste della città.
Essendo mezzogiorno ci dirigiamo verso le vie centrali alla ricerca di un locale segnalato dalla guida dove assaggiare lo okonomiyaki (letteralmente “cucina ciò che vuoi”) il piatto tipico di queste parti. Prendiamo l’ascensore in un edificio anonimo che non lasciava presagire quanto avremmo trovato al suo interno. Quando le porte si aprono ci troviamo in una grande cucina con scatole accatastate e numerose piastre rettangolari di almeno 3 metri (teppan), che sfrigolavano rumorosamente emettendo profumi che entravano come promesse nelle narici dei clienti. Le cuoche rigiravano abilmente con spatole metalliche le frittelle ricoperte di cavolo, germogli, uova, noodles, carne o pesce.
Terminato il pasto ci rituffiamo nelle vie commerciali rigonfie di negozi, insegne luminose, maxi schermi, suoni e colori, in un’atmosfera tuttavia uggiosa e dimessa. E non poteva essere diversamente. Di lì a poco lo scheletro della cupola scarnificata dalla bomba atomica il 6 agosto del 1945, sarebbe apparso spettrale a rendere spaventosamente tangibile e reale una pagina di storia. A fianco il Parco della Pace, epicentro della tragedia, custodisce la dolorosa memoria, atroce quando assume il volto dei bambini perduti. Il monumento a loro dedicato è una sorta di campana sopra alla quale una bimba in punta dei piedi fa prendere il volo ad una gru di origami, simbolo di longevità. Intorno centinaia di migliaia di gru di carta variopinte stanno con le ali chiuse, schiacciate sul corpo come a non voler mai più spiccare il volo, e paiono persino scolorire nella tristezza del ricordo della vita strappata.
La vita di migliaia di bambini e di una in particolare, Sadako Sasaki, che ammalatasi dieci anni dopo lo scoppio, voleva realizzare mille gru di origami, convinta che questo l’avrebbe guarita.
Nella Sala Nazionale della Pace l’immagine di Hiroshima dilaniata dalla bomba è impressa come il Cristo sulla Sindone, su un mosaico che riveste a 360° le pareti della sala circolare. Ogni cosa del mosaico è permeata di morte e distruzione, compreso il numero dei tasselli che lo compongono: 140 000 come le vittime della bomba atomica. Ogni tessera contribuisce con il proprio strazio a realizzare l’orrore della città spolpata, in mezzo alla quale ci si sente perduti ed attoniti.
Un filmato racconta ininterrottamente, come una sorta di mantra, i ricordi e i disegni dei bambini che hanno vissuto l’incubo dello scoppio, mai lenito dal sollievo del risveglio. Dopo la discesa agli inferi, con i ragazzi un po’ provati ed incapaci di elaborare tanta atrocità, “uscimmo a riveder le stelle”.
Il 6 agosto si celebrerà come ogni anno la cerimonia di accensione delle candele rosse in ricordo delle vittime in prossimità della Fiamma della Pace, che finirà di ardere quando al mondo non esisteranno più armi atomiche. Chissà forse quel giorno anche le migliaia di gru spiegheranno finalmente le ali per librarsi in aria.