Il drago e le scimmie

DSCN0306DSCN0275 Il cuore del Giappone pulsa nel corpo di un drago che freme e sbuffa mentre la sua dura scorza è dolcemente lambita da corsi d’acqua scaldati dal magma che ribolle nelle fauci. Tutte le creature assecondano con pazienza le continue sfuriate dell’indomabile bestia, che scalpita sputando fiamme, fumo e zolfo dalle grandi narici. Non tutta l’energia però vien per nuocere. Uomini e macachi hanno infatti imparato a beneficiare dei doni elargiti dall’irrequieto destriero, godendo delle proprietà terapeutiche delle acque che sgorgano dal ventre, bollenti e ricche di minerali.

DSCN0124I primi hanno adagiato villaggi intorno alle polle che intridono l’aria di vapore dal pungente odore di zolfo in un’atmosfera ancestrale.

Gli abitanti cuociono uova e verdure nelle pozze che ribollono, e hanno costellato le strade di bagni pubblici, detti onsen, in cui si recano per le quotidiane abluzioni. Anche qui naturalmente c’è un’etichetta particolareggiata e meticolosamente seguita. DSCN0117 DSCN0126DSCN0178I secondi, i macachi, ogni giorno scendono dai boschi del parco Jigokudani per andare ad immergersi nelle acque calde del fiume dove incontrano una comunità umana con la quale, fingendo di ignorarsi, si osservano reciprocamente incuriositi. Anche noi ieri siamo stati parte di questo surreale momento. Macachi e uomini si muovevano sulle rive ghiaiose del fiume rubandosi fugaci sguardi mentre svolgevano pretestuose attività. DSC_7395I maschi controllavano il territorio da posizioni dominanti emettendo grida di sfida quando qualche incauto giovane non rispettava le gerarchie. DSC_7446I cuccioli di entrambi giocavano stringendo tra le mani ghiaia e bastoni, mentre le madri li richiamavano pronte se si allontanavano troppo. Alcuni, trovandosi faccia a faccia con l’altra specie, si rifugiavano intimoriti tra le braccia materne e dopo un istante coppie di occhietti vispi spuntavano dai sicuri rifugi per continuare ad osservarsi. DSCN0151
Comunità assai familiari nella timida esuberanza dei piccoli, nella cura genitoriale e nelle occhiate lanciate di nascosto, si fondevano pacifiche in un contesto primordiale come quello che accolse il primo comune antenato.DSC_7418

Delle vasche di acqua infuocata!

Dopo  la cena al ristorante italiano ci siamo diretti all’onsen più vicina a casa nostra che è anche la più curativa. Le onsen sono vasche con acqua molto calda, ed alcune fanno molto bene al corpo. Viene utilizzata come un “bagno” dove si lavano, si fanno la barba… Appena abbiamo varcato la porta ci siamo tolti le scarpe (in retromarcia per lasciarle in perfetto ordine) e i vestiti. Per rispettare la regola ci siamo insaponati e lavati prima di entrare nella vasca e alla fine eravamo pronti per tuffarci. Subito io e i miei fratelli abbiamo capito che, in effetti, era un “pochino” calda (infatti è la più calda del villaggio)!

20140812_214519Vedendo che non riuscivamo a entrare in quella vasca bollente un signore ha aperto il rubinetto dell’acqua fredda e poco per volta la vasca si è rinfrescata.

 Finalmente siamo riusciti ad entrare e con qualche bacinella ci siamo divertiti molto anche se all’inizio pensavo che mi sarei annoiato!

Pietro

20140820_161338

In onore di mio suocero

Pino Camera è monferrino doc, soprattutto quando si mette ai fornelli. Ed è un cultore di un piatto mitico della cucina povera piemontese, la bagna caöda. Bene, dove voglio andare a parare? Dopo un mese di astinenza totale dalla cucina nostrana, questa sera nella ridente località di Nozawaonsen (un posto incredibile di cui parleremo successivamente) ci siamo infilati in un ristorante italiano gestito da un giapponese. Ci è stato consigliato dalla simpaticissima ragazza dell’agenzia.20140812_195632

Ebbene nel menu compariva proprio la bagna cauda, e non ho potuto esimermi dal provarla. L’unica cosa veramente uguale all’originale era il tegamino di terracotta. Le verdure infatti erano tutte cotte oppure in pastella. E naturalmente nessun finocchio, né sedano, né tantomeno il fondamentale cardo gobbo. Sostituite dalle immancabili zucca e radice del fiore di loto. La salsa invece ricordava vagamente quella che faceva mia mamma, con panna (o latte?) per smorzare un po’ l’esuberanza dell’aglio.20140812_20475120140812_204944

Usciti da lì abbiamo sperimentato il primo onsen dei tredici disponibili gratuitamente, ma questa è un’altra storia…

 

E dopo la pioggia venne il sereno

Invidiosi delle notizie che giungevano dall’Italia, con un mese di luglio e un inizio agosto più piovosi di sempre, non ci siamo fatti mancare un bel ciclone tropicale. Halong in realtà ci ha solo lambiti, ma è stato sufficiente per avere tre giorni di vento e piogge torrenziali, intervallate da qualche momento asciutto. Il fiume Kamo si è ingrossato un bel po’, ma complessivamente la città ha retto bene e l’acqua ha drenato senza problemi.

20140810_163515

Se poi aggiungiamo che in questi giorni i tre sono stati alle prese con problemi intestinali, si può immaginare che gioia… L’ottima cena a casa del Prof. Takaoka, poco dopo la fine delle precipitazioni, è stata come una luce in fondo al tunnel. Il suo bagno ha comunque ricevuto un discreto numero di visite.

Nel frattempo la città si sta svuotando per la festività buddista di Obon, e anche noi domani partiamo per le Alpi giapponesi.

A proposito di mobilità ciclabile

Un doveroso aggiornamento sull’utilizzo della bicicletta a Kyoto. E’ piuttosto diffuso, molte bici a pedalata assistita con doppio seggiolino, numerose pieghevoli, parecchie bici modaiole e bici da corsa spesso di marca italiana. Quasi tutte le case hanno rastrelliere al coperto, spesso all’interno di appositi locali. Peccato che non esista alcun servizio di bike sharing.

L’aspetto curioso è però il forte contrasto che si osserva tra utilizzo e sosta delle due ruote a pedali. La seconda è rigidamente regolamentata fino all’ossessione, in pieno stile giapponese. Non è pensabile lasciare legata la bicicletta ad un palo o a una cancellata, pena la probabile rimozione, il pagamento di una multa e soprattutto la necessità di andarsela a riprendere in qualche scomodissimo deposito dalla parte opposta della città. Dunque, come per le macchine, si trovano efficientissimi parcheggi a pagamento, totalmente automatizzati e spesso anche coperti, dove ritirare il mezzo.

DSC_6548

DSC_6549

L’utilizzo è invece lasciato alla deregulation più assoluta, con ciclisti che vanno come dei pazzi e ti sbucano silenziosamente da tutte le parti. Nelle strade strette delle vie del centro, così come nei più larghi marciapiedi o agli incroci. L’unico incidente che ho visto fino ad ora è stato quello tra due ciclisti.

Stranezze nipponiche

Dei water super tecnologici abbiamo già parlato qua. Ma di cose curiose in giro se ne vedono molte. Eccone alcune.

E’ normale che i vari piatti disponibili nei ristoranti vengano replicati in vetrina con dei modellini. Questo però aggiunge una interessante nota di dinamicità e realismo.
DSC_7080

Gli ombrelli sono una presenza costante, poiché come in Cina vengono utilizzati anche per ripararsi dal sole. Qua sotto la dimostrazione della tenuta impermeabile garantita. Sarà per chiarire che non è di quelli solo per il sole…

DSC_6949

Ma se uno pensa che ottimizzino il duplice utilizzo si sbaglia: quello per la pioggia è spesso trasparente…

Ecco l’immancabile deposito ombrelli con chiusure di sicurezza individuali.

20140726_095044

Per reggere le barre orizzontali delle transenne dei lavori: elefantini, ma anche giraffe, scimmiette e altri animali.

DSC_6741

Una descrizione di estremo dettaglio delle varie modalità con cui i cervi di Nara possono infastidire i visitatori. Le avranno davvero considerate tutte?

DSC_7014

I sedili dei treni Shinkansen ruotano di 180 gradi in modo che i passeggeri siano sempre rivolti verso il senso di marcia. Questo però significa che si può liberamente disporli a salottino.

Il personale dello Shinkansen effettua un inchino tutte le volte che entra e quando sta per uscire dalla carrozza. Ma con tutti questi inchini come la mettiamo con il mal di schiena? O forse è proprio grazie a quelli che i muscoli dorsali si rinforzano e si previene il problema?

Questa è una delle più assurde. In piscina più volte al giorno una voce all’altoparlante invita le persone ad uscire da tutte le vasche e ad attendere fino a quando uno dei bagnini, sotto gli occhi di tutti, ha percorso a piedi tutte le corsie, è uscito, si è asciugato, rivestito ed è pronto a riprendere il proprio lavoro. Ma attenzione alla spiegazione: lo fanno perché può talvolta capitare che qualche bambino, perso di vista da un genitore intento a fare altro, anneghi. Il bagnino dunque scruta per bene per vedere se qualcuno è rimasto sul fondo. A parte l’aspetto macabro della cosa, si tratterebbe comunque di un ritrovamento a posteriori, e quindi?

DSC_7497Ovunque si entra scalzi, anche nello spogliatoio della piscina. All’ingresso dei bagni ci sono delle ciabatte di plastica “da vecchia” (definite così da Pietro) di uso condiviso.
La gente esce in retromarcia dai bagni per lasciare le ciabatte posizionate in modo corretto per chi dovrà utilizzarle successivamente.

Il rapporto con le ciabatte è in generale piuttosto complesso. Anche i bagni degli alberghi sono dotati di ciabatte dedicate, da utilizzare unicamente in quel metro quadrato.DSCN1083

Ad Hakuba le seggiovie possono funzionare in assetto invernale o in assetto estivo.

DSCN0445Quest’ultimo prevede che i punti di sostegno su ciascun pilone vengano abbassati in modo da fare letteralmente sfiorare il terreno con i piedi, ed apprezzare meglio la flora. E forse anche per aiutare chi soffre di vertigini… D’inverno ritornano invece all’altezza normale, anche perché qua la neve non manca!

Da re-sushi-tare i morti

La cena ad un sushi bar di Sendai, in compagnia del Prof. Takamura, è stata indimenticabile. Una persona del posto ti sa guidare in un percorso di esplorazione dei gusti che da solo, e di fronte ad un linguaggio incomprensibile, non sei sicuramente in grado di affrontare. L’abbinamento tra i diversi tipi di pesce crudo, il piccante del wasabi, la freschezza dello zenzero marinato e il caldo/freddo del sakè nelle sue due versioni possono dare luogo, almeno per quanto mi riguarda, ad un’esperienza quasi mistica.

L’atomo del passato e quello del presente

In meno di ventiquattr’ore mi sono catapultato dal dramma dell’atomo “cattivo” ai problemi di quello “buono”. Dalla fragorosa tragedia dei 140.000 morti, all’angoscia silenziosa di tutte le persone che non potranno rientrare nelle loro case chissà per quanto. Ironia della sorte, anche queste circa 140.000.

Da Hiroshima a Sendai, dunque, 6 ore di Shinkansen, prima attraverso un’urbanizzazione pressoché continua e poi solcando zone più rurali e boscose. Sendai ha resistito ad un sisma di magnitudo 9, roba che da noi avrebbe annientato qualunque cosa. Nel laboratorio del Prof. Nakamura mi hanno mostrato qualche piccola crepa su un muro, praticamente solo sull’intonaco, e indicato uno strumento (uno di numero) che è stato danneggiato dal sisma. Tre grandi scosse nel giro di 3-4 minuti, molto intense ma con una bassa frequenza di oscillazione. Anche questo spiegherebbe i danni relativamente contenuti della prima parte della tragedia. Ma poi è arrivata l’acqua, pare abbastanza inaspettatamente almeno per quanto riguarda l’altezza prevista delle onde. E soprattutto il black-out conseguente al sisma non ha consentito di allertare adeguatamente una popolazione che invece avrebbe eseguito alla lettera tutti gli ordini.

La linea ferroviaria ad alta velocità in un mese è stata ripristinata, poco dopo anche l’aeroporto, che era stato investito in pieno dall’onda. Ma Fukushima è ancora lì. Le persone con cui ho parlato cercano di schivare l’argomento. O di minimizzare. Ma tenendo conto del loro atteggiamento schivo e del disagio tipicamente giapponese di parlare di ciò che non va, si capisce che la preoccupazione è ancora elevata. Ed emerge che i giovani non intendono ritornare nelle zone colpite, né vicino al mare. Viceversa per gli anziani.

Tematiche che si intrecciano. La mitigazione dei cambiamenti climatici, di cui il Giappone è elemento centrale sia dal punto di vista simbolico (Kyoto) che della realtà dei fatti (l’incremento osservato della temperatura in Giappone è molto più elevato di quello medio del pianeta), non può prescindere dall’opzione nucleare. O almeno questo è quanto postulano alcuni tra i più convinti sostenitori della necessità di agire con la massima urgenza (J. Hansen in primis). Eppure proprio qua l’energia nucleare ha mostrato il suo volto peggiore. A causa di un evento estremo quanto si vuole, ma che tuttavia si è puntualmente verificato.

Come ho già avuto modo di dire, le centrali nucleari giapponesi sono ancora tutte ferme, ma pronte a ripartire progressivamente tra alcuni mesi. D’altronde i consumi di energia di questo paese sono molto elevati, e le incrementate importazioni di fossili stanno già pesando sulle bollette energetiche. Le rinnovabili si stanno sviluppando, almeno all’apparenza. Non ho ancora visto turbine eoliche ma ho visto molto fotovoltaico domestico sui tetti. All’incirca come da noi, o forse anche un poco di più. Sviluppatosi soprattutto a partire dal 2011 grazie a forti incentivazioni. Infine del modesto sviluppo della geotermia abbiamo già parlato, ma chissà che anche lì le cose possano cambiare.

Migliaia di gru

Ad Hiroshima la pioggia scendeva sul volto triste della città.

Essendo mezzogiorno ci dirigiamo verso le vie centrali alla ricerca di un locale segnalato dalla guida dove assaggiare lo okonomiyaki (letteralmente “cucina ciò che vuoi”) il piatto tipico di queste parti. Prendiamo l’ascensore in un edificio anonimo che non lasciava presagire quanto avremmo trovato al suo interno. DSC_7135Quando le porte si aprono ci troviamo in una grande cucina con scatole accatastate e numerose piastre rettangolari di almeno 3 metri (teppan), che sfrigolavano rumorosamente emettendo profumi che entravano come promesse nelle narici dei clienti. Le cuoche rigiravano abilmente con spatole metalliche le frittelle ricoperte di cavolo, germogli, uova, noodles, carne o pesce.

Terminato il pasto ci rituffiamo nelle vie commerciali rigonfie di negozi, insegne luminose, maxi schermi, suoni e colori, in un’atmosfera tuttavia uggiosa e dimessa. E non poteva essere diversamente. DSC_7142Di lì a poco lo scheletro della cupola scarnificata dalla bomba atomica il 6 agosto del 1945, sarebbe apparso spettrale a rendere spaventosamente tangibile e reale una pagina di storia. A fianco il Parco della Pace, epicentro della tragedia, custodisce la dolorosa memoria, atroce quando assume il volto dei bambini perduti. Il monumento a loro dedicato è una sorta di campana sopra alla quale una bimba in punta dei piedi fa prendere il volo ad una gru di origami, simbolo di longevità. Intorno centinaia di migliaia di gru di carta variopinte stanno con le ali chiuse, schiacciate sul corpo come a non voler mai più spiccare il volo, e paiono persino scolorire nella tristezza del ricordo della vita strappata.DSC_7153 DSC_7154

La vita di migliaia di bambini e di una in particolare, Sadako Sasaki, che ammalatasi dieci anni dopo lo scoppio, voleva realizzare mille gru di origami, convinta che questo l’avrebbe guarita.

Nella Sala Nazionale della Pace l’immagine di Hiroshima dilaniata dalla bomba è impressa come il Cristo sulla Sindone, su un mosaico che riveste a 360° le pareti della sala circolare. Ogni cosa del mosaico è permeata di morte e distruzione, compreso il numero dei tasselli che lo compongono: 140 000 come le vittime della bomba atomica. Ogni tessera contribuisce con il proprio strazio a realizzare l’orrore della città spolpata, in mezzo alla quale ci si sente perduti ed attoniti. DSC_7161

Un filmato racconta ininterrottamente, come una sorta di mantra, i ricordi e i disegni dei bambini che hanno vissuto l’incubo dello scoppio, mai lenito dal sollievo del risveglio. Dopo la discesa agli inferi, con i ragazzi un po’ provati ed incapaci di elaborare tanta atrocità, “uscimmo a riveder le stelle”.

DSC_7158Il 6 agosto si celebrerà come ogni anno la cerimonia di accensione delle candele rosse in ricordo delle vittime in prossimità della Fiamma della Pace, che finirà di ardere quando al mondo non esisteranno più armi atomiche. Chissà forse quel giorno anche le migliaia di gru spiegheranno finalmente le ali per librarsi in aria.

Un omaggio al Protocollo

Vista la mia curiosità, il Prof. Takaoka mi ha portato a pranzo all’International Conference Center di Kyoto, quello dove nell’ormai lontano 1997 si è celebrata la COP3 che ha dato origine al Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.

DSC_6886

E’ un posto anonimo, dietro a una collina appena a nord di Kyoto, ed è pure in piena fase di ristrutturazione. Quindi la sala della conferenza plenaria non era neppure visitabile. In compenso hanno predisposto una piccola Hall of fame, che è stato un piacere fotografare.

 

DSC_6887

DSC_6888

DSC_6889