Due buoni motivi

Ebbene in un mese e mezzo non siamo riusciti a vedere la sagoma conica del Monte Fuji. Al primo passaggio in treno eravamo tutti rintontiti dal fuso orario. Anche la mia andata e ritorno a Sendai non è stata fortunata da questo punto di vista, sempre avvolto nelle nuvole…

L’ultima speranza era riposta nel viaggio di avvicinamento a Tokyo in vista del rientro. La strada da Matsumoto punta infatti proprio verso di Lui, prima di arrivare alle sue pendici e piegare verso Est. Ma niente da fare, evidentemente ha deciso di lasciarci un motivo per ritornare nel Sol Levante. Il bel centro visitatori, anche questo deserto, è stato una magra consolazione.

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Ma il Giappone non vuole smettere di stupire, e si gioca una delle sue carte migliori. La planata sulla baia di Tokyo, dopo decine e decine di chilometri di urbanizzazione ininterrotta, è di quelle cose che ti lasciano senza fiato. Percorriamo tre volte il Rainbow Bridge per colpa del navigatore, colpa che gli viene subito perdonata.

Tokyo, ecco servito anche il secondo motivo!DSC_7673DSCN1202

Il castello che sembra galleggiare

DSCN0493Qua siamo al castello di Matsumoto. Nel parco avevamo visto un gatto e un coniglio.

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Il castello sembra che galleggia perché dalle finestre non si vedono le rocce che ci sono sotto ma il laghetto. Nel laghetto c’erano tante carpe.

Le sale erano vuote e non avevano il tatami ma il legno.

Fuori dal castello c’era un samurai. DSC_7536

Il samurai era tutto coperto anche se faceva molto caldo.

Andrea

 

Un intreccio di labirinti

Prima di arrivare ad Hakuba ci siamo fermati in una località con un Bosco Sacro dove vivevano i ninja. Scesi dalla macchina ci siamo avviati nella ricostruzione della scuola dove si allenavano e vivevano i ninja. I ninja erano monaci prima e guerrieri poi, molto abili nel nascondersi e così silenziosi da esser quasi invisibili. I ninja erano esperti a combattere con armi particolari (spade, mazze ferrate, shuriken…). La prima tappa è stata in un tiro a segno, dove ti davano sei shuriken, oggetti simili a stelle di metallo, con cui dovevi colpire un bersaglio. shuriken-icon

Finito i tiri ci siamo diretti alla casa dei ninja. Un signore ci ha invitato a togliere le scarpe. Un attimo dopo eravamo già dentro. Porte scorrevoli nascoste nei muri, stanze sottosopra, ante girevoli, labirinti intrecciati ecc. continuavano a giocarci scherzi. All’inizio sembrava una cosa molto semplice trovare l’uscita ma poi non è stato così. Ogni volta che cambiavamo stanza le porte erano sempre più difficili da trovare ed uscire dai labirinti non era semplice. Molto spesso dopo un lungo percorso ci ritrovavamo nella stanza iniziale e dovevamo ricominciare.

imagesQuando finalmente siamo riusciti ad uscire ci siamo concessi un piatto di soba, spaghetti di grano saraceno cotti in acqua e salsa di soia e serviti con tempura di verdure.

Prima di ripartire abbiamo fatto una passeggiata nel Bosco Sacro in mezzo a due file di cedri secolari che conducevano al tempio. Le piante più antiche avevano i paramenti sacri del tempio.

Pietro

Il profumo dell’avventura

E poi ti capita, dopo un mese e mezzo senza incrociare connazionali, di incontrarne tre molto speciali, naturalmente nella tappa più sperduta di tutto il giro. Speciali perché arrivano da Lisbona, anzi dal Cabo da Roca, il posto più a Ovest del continente Europeo. Ma ci arrivano in auto, attraverso Russia, Kazakistan, Siberia e Corea del Sud. Si tratta di un raid di cui avevo sentito parlare, sponsorizzato da Peugeot e parte di un progetto ancora più ampio che comprende anche percorsi in bicicletta in solitaria. Il leader del gruppo si chiama anche lui Andrea, e i racconti delle sue imprese in giro per il mondo lasciano a bocca aperta l’altro Andrea e i suoi fratelli, che non smettono di fargli domande a raffica. Anche loro però hanno parecchie cose da raccontargli. Chissà che non stia nascendo qualcosa all’interno di queste tre testoline?

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Gli incontri tra italiani in vacanza sono sempre piuttosto “rumorosi”, mettiamola così, specialmente se le cose da raccontare sono tante. Se a questo aggiungiamo che ci siamo assembrati sulla scala a causa di una connessione wifi piuttosto carente, e che erano già le 10 passate, sui volti dei giapponesi è iniziato a trapelare un certo disagio, sempre ben celato naturalmente. Siamo dunque rientrati nei ranghi e domani ogni gruppo riprenderà la sua strada, noi in vista del rientro verso Tokyo, loro verso la vetta del Monte Fuji. Ma non prima di esserci citati nei rispettivi blog.

Peccato solo di non poterci aggregare al ricevimento finale previsto presso l’Ambasciata italiana di Tokyo il 31 Agosto. Saremo già in Italia.

Onsen, onsen e ancora onsen

DSC_7595L’ultima locanda dove siamo approdati, a Norikura Kogen, è l’apoteosi dell’onsen. Questa vera e propria istituzione nazionale, sulla quale ci siamo già soffermati in precedenza, si manifesta qua con due vasche, una interna e una esterna (rotenburo), ma soprattutto con un’acqua straordinaria: lattiginosa e dall’intenso odore di zolfo, non è eccessivamente calda come a Nozawa, e ti lascia una pelle favolosamente vellutata. C’è un detto secondo cui tre giorni di immersioni in queste acque metterebbero al riparo dalle malattie per ben tre anni.

La vasca dell’onsen, sempre rigorosamente separata per uomini e donne, può essere anche piccolissima, poco più di una vasca da bagno, ma il contesto e il rituale sono sempre i medesimi. DSC_7600C’è infatti un’anticamera dove ci si spoglia, seguita dal locale con la vasca, contornato da alcuni rubinetti e doccette. DSC_7596Sgabelli di plastica e piccoli secchielli per l’acqua completano la dotazione, poiché la regola fondamentale prevede che ci si lavi accuratamente tutto il corpo prima di entrare nella vasca.

Per tornare alla nostra locanda, le stanze sono in stile giapponese, con tavolino basso, tatami e futon, e naturalmente prive di servizi igienici privati. Quelli in condivisione constano semplicemente di un lavandino e due wc. La doccia non c’è, poiché il luogo in cui ci si lava è proprio l’onsen. Dunque l’onsen non è come la spa di un albergo, dove uno decide se andarci o meno. Bensì parte integrante dei servizi, in quanto luogo dove ci si lava il corpo, ci si rade e ci si spazzola i denti. Mi sono infatti sentito un po’ fuori luogo a farmi la barba nel normale lavandino…DSC_7555

Mobilità elettrica, che delusione

10492304_10204665591983915_5996054336052759666_nLe mie aspettative sullo sviluppo della mobilità elettrica nel Paese dove si produce il modello più venduto al mondo, e dove la diffusione della rete di ricarica rapida pare essere la più capillare, sono andate del tutto deluse. Una ventina di Nissan Leaf avvistate in un mese e mezzo, anche se molte di più di quelle che ho visto in un anno intero in Italia, non si possono certo definire un successo. E di altri modelli nemmeno l’ombra. Ad esempio quella che si trova in Italia come Mitsubishi MiEV qua è un normale modello a motore a scoppio. Trionfano invece le ibride, Toyota Prius in testa.

Anche la rete di ricarica veloce CHAdeMO non è parsa affatto visibile. Probabilmente la maggioranza delle colonnine sono in luoghi privati, in particolare presso i numerosi rivenditori Nissan. Nulla di paragonabile ad esempio con il Canton Ticino.

Dunque anche qua la mobilità elettrica è allo stato pionieristico, e almeno su questo aspetto non veniamo umiliati.

Tutto sempre sotto controllo, anche in alta montagna

In Giappone i treni si fermano in stazione in modo tale che le porte coincidano esattamente con le segnalazioni poste sulla banchina. Queste ultime sono naturalmente differenti in funzione della specifica tipologia di convoglio e della sua lunghezza, ben illustrate con schemi esplicativi. Non un centimetro più avanti, non un centimetro più indietro, per far entrare velocemente i passeggeri, nel frattempo rigorosamente disposti in fila indiana.

Tanto per fare un altro esempio, a colazione in un grande albergo mi hanno consegnato un tagliando plastificato da tenere sul tavolo con scritto da una parte “occupato”, dall’altra “terminato”. Così che non ci possano essere fraintendimenti.

DSC_7501La Tateyama-Kurobe Alpen Route è un famoso itinerario montano nelle Alpi giapponesi, che combina l’utilizzo di differenti mezzi di trasporto per una splendida traversata che culmina ai 2400 m di Murodo. Qua la mania per la precisione e il controllo di tutto si può manifestare al meglio. I vari mezzi (filobus in galleria, funicolare, funivia, altro filobus) sono sincronizzati perfettamente tra di loro per evitare lunghe attese anche nei periodi di massimo afflusso.DSC_7463 Il personale, sempre molto numeroso e continuamente inchinato, regolamenta anche le modalità di disposizione delle code per l’attesa, sempre con grande sforzo di mimica. Ogni singola cosa è spiegata nei minimi dettagli, con cartelli, voci, video che indicano anche il numero esatto di scalini che si dovranno affrontare nella tappa successiva. DSC_7472Se a questo aggiungiamo un approccio commerciale che, seppur sempre sobrio, è onnipresente con negozi di cose da mangiare e souvenir ad ogni tappa, ci si sente veramente molto intruppati e poco liberi di “divagare” almeno un po’, rispetto ai modi e ai tempi prestabiliti.DSC_7473

 

Poi però ti ritrovi immerso nell’onsen più alta del Giappone a 2450 m di quota… e ti fai una ragione di tutto ciò.

Sarei però molto curioso di vedere le reazioni dei giapponesi di fronte a qualcosa che faccia saltare tutta questa meticolosa programmazione. O forse no…

Le vacanze sono già finite?

No, non per noi, che abbiamo davanti ancora una settimana. Ma per i giapponesi, verrebbe da chiedersi.

Arriviamo stasera a Hakuba, la più importante stazione sciistica delle Alpi giapponesi, fulcro delle principali competizioni delle Olimpiadi invernali di Nagano. Una Chamonix Mont Blanc del Giappone, dunque. Nel piccolo albergo siamo gli unici avventori, tanto che ci danno la possibilità di usare due stanze a fronte dell’averne prenotata una. Il centro del paese, nel quale ci rechiamo alla ricerca di un posto per cenare, ricorda le nostre località montane nel periodo morto della stagione, diciamo in una sera feriale di Novembre. Non c’è anima viva in giro, e buona parte dei locali sono chiusi. Troviamo però un posto dove, anche qua unici avventori poco prima della chiusura delle 21, mangiamo degli ottimi oyaki (la specialità di Nozawa onsen, da cui arriviamo, ndr). Facciamo poi due passi veloci nella penombra, cercando di immaginarci lo struscio serale di Rue Paccard di Chamonix in una domenica di metà Agosto, nel pieno delle vacanze di italiani, francesi & C.

Parlando con colleghi di lavoro di oltralpe, scandinavi in particolare, noi italiani veniamo sfottuti per il fatto che chiudiamo bottega praticamente per tutto il mese di Agosto (oddio, i danesi lo fanno a luglio…) Qua invece, come già accennato, le vacanze si concentrano in tre giorni attorno a ferragosto, con al massimo la concessione di agganciarci sabato e domenica per arrivare a cinque. Dunque evidentemente questa sera, domenica 17, è finita per tutti, e si ritorna al lavoro!

Chiudo con un veloce aggiornamento su tutt’altra tematica: abbiamo scoperto che esiste una versione del wc super-tecnologico che prevede anche l’asse riscaldato! E ce l’abbiamo in camera!!

Metri e metri di neve

Nozawa onsen è una località sciistica situata a 600 m di altezza, con un comprensorio il cui punto sommitale culmina a 1600 m. Eppure ogni inverno viene puntualmente sepolta da metri di neve. DSC_7348

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Se si considera che ci troviamo attorno al 35-esimo parallelo (Malta) la cosa risulta ancora più inspiegabile. Invece il motivo di queste abbondanti nevicate è da ricercare nella particolare posizione geografica del Giappone, che si affaccia verso il nord est del continente asiatico (Siberia!), dal quale è separato da un braccio di mare relativamente caldo e stretto. Quindi le gelide masse d’aria di origine siberiana hanno giusto il tempo per caricarsi di umidità senza riscaldarsi troppo, e poi scaricare tutto quanto accumulato appena incontrano i rilievi della costa occidentale del Giappone. Soprattutto Alpi giapponesi e Hokkaido. Una spiegazione molto più dettagliata è fornita qua.

Una situazione di questo genere è un paradiso per gli sciatori, che arrivano anche dall’Australia, attirati da costi relativamente più bassi di quelli europei o americani (e mancanza di fuso orario!), ma può diventare un incubo per la popolazione. Molte case hanno un accesso diretto al secondo piano, c’è il rischio di collasso dei tetti ed è necessario creare dei corridoi di passaggio tra una casa e l’altra. D’altro canto l’ampia disponibilità di acqua calda di origine sotterranea ne consente l’utilizzo su molte strade per mantenerle pulite anche durante le precipitazioni più intense.

Il drago e le scimmie

DSCN0306DSCN0275 Il cuore del Giappone pulsa nel corpo di un drago che freme e sbuffa mentre la sua dura scorza è dolcemente lambita da corsi d’acqua scaldati dal magma che ribolle nelle fauci. Tutte le creature assecondano con pazienza le continue sfuriate dell’indomabile bestia, che scalpita sputando fiamme, fumo e zolfo dalle grandi narici. Non tutta l’energia però vien per nuocere. Uomini e macachi hanno infatti imparato a beneficiare dei doni elargiti dall’irrequieto destriero, godendo delle proprietà terapeutiche delle acque che sgorgano dal ventre, bollenti e ricche di minerali.

DSCN0124I primi hanno adagiato villaggi intorno alle polle che intridono l’aria di vapore dal pungente odore di zolfo in un’atmosfera ancestrale.

Gli abitanti cuociono uova e verdure nelle pozze che ribollono, e hanno costellato le strade di bagni pubblici, detti onsen, in cui si recano per le quotidiane abluzioni. Anche qui naturalmente c’è un’etichetta particolareggiata e meticolosamente seguita. DSCN0117 DSCN0126DSCN0178I secondi, i macachi, ogni giorno scendono dai boschi del parco Jigokudani per andare ad immergersi nelle acque calde del fiume dove incontrano una comunità umana con la quale, fingendo di ignorarsi, si osservano reciprocamente incuriositi. Anche noi ieri siamo stati parte di questo surreale momento. Macachi e uomini si muovevano sulle rive ghiaiose del fiume rubandosi fugaci sguardi mentre svolgevano pretestuose attività. DSC_7395I maschi controllavano il territorio da posizioni dominanti emettendo grida di sfida quando qualche incauto giovane non rispettava le gerarchie. DSC_7446I cuccioli di entrambi giocavano stringendo tra le mani ghiaia e bastoni, mentre le madri li richiamavano pronte se si allontanavano troppo. Alcuni, trovandosi faccia a faccia con l’altra specie, si rifugiavano intimoriti tra le braccia materne e dopo un istante coppie di occhietti vispi spuntavano dai sicuri rifugi per continuare ad osservarsi. DSCN0151
Comunità assai familiari nella timida esuberanza dei piccoli, nella cura genitoriale e nelle occhiate lanciate di nascosto, si fondevano pacifiche in un contesto primordiale come quello che accolse il primo comune antenato.DSC_7418