Molte sarebbero state le cose che avremmo voluto ancora raccontare, da questo punto di vista il Giappone fornisce un sacco di stimoli. Ma tre giorni dopo l’approdo a casa, e con ancora qualche strascico di jet lag serale, troviamo il tempo per una puntata a Palazzo Reale a vedere la mostra di Murakami, uno dei più importanti artisti giapponesi contemporanei. Una visione decisamente consigliata!
Category Archives: Viaggi
A bug’s life
Il film “A bug’s life” rende bene la sensazione che deve provare un insetto di fronte ad un mondo sconfinato ed enorme. L’unico modo che ha per non esser disorientato dall’infinito insostenibile spazio, è quello di occuparsi solo di una piccola porzione di esso, senza avere l’ardire di contenerlo o di voler sollevare la testa.
Sebbene io abbia già visitato più di una megalopoli di svariati milioni di abitanti, la sensazione provata a Tokyo è stata proprio quella di un insetto in una foresta di sequoie. Le strade si aggrovigliavano come liane intorno ai grattacieli, fluttuando sospese sull’acqua a differenti altezze e su di esse i treni e le automobili si incrociavano rincorrendosi in una galassia lontana parecchi anni luce. I grattacieli si perdevano a vista d’occhio rivestiti da milioni di luci e venivano le vertigini a pensare che ad ogni luce corrispondeva una casa e ad ogni casa persone. Un giro sulla ruota panoramica ci ha permesso di osservare la città dall’alto, o meglio, meno dal basso, dandoci l’illusione di poter catturare qualcosa di più di questa città che fuggiva in ogni direzione veloce ed inafferrabile come sfere di mercurio sul pavimento.
Dopo poche ore era già tempo di andare all’aeroporto per tornare a casa. Poche ore dall’arrivo a Tokyo, ma una infinità dal primo giorno in Giappone, ormai tanto lontano da sembrare persino un altro viaggio. O forse Tokyo è davvero l’inizio di un nuovo viaggio: il prossimo in Giappone!
Io ne ho viste cose…
…che voi pendolari Novara-Milano non potreste immaginarvi, non solo treni ad alta velocità Shinkansen ma anche convogli locali sempre in perfetto orario, al largo del Mar del Giappone; e ho visto carrozze pulite da potersi sedere per terra e personale sempre gentile e sorridente. Ho visto aria condizionata funzionante e mai troppo alta né troppo bassa. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di rientrare in Italia.
Questo post, liberamente tratto da Blade Runner di R. Scott, è dedicato a tutti i pendolari italiani, in particolare quelli della S6 Novara-Milano
Due buoni motivi
Ebbene in un mese e mezzo non siamo riusciti a vedere la sagoma conica del Monte Fuji. Al primo passaggio in treno eravamo tutti rintontiti dal fuso orario. Anche la mia andata e ritorno a Sendai non è stata fortunata da questo punto di vista, sempre avvolto nelle nuvole…
L’ultima speranza era riposta nel viaggio di avvicinamento a Tokyo in vista del rientro. La strada da Matsumoto punta infatti proprio verso di Lui, prima di arrivare alle sue pendici e piegare verso Est. Ma niente da fare, evidentemente ha deciso di lasciarci un motivo per ritornare nel Sol Levante. Il bel centro visitatori, anche questo deserto, è stato una magra consolazione.
Ma il Giappone non vuole smettere di stupire, e si gioca una delle sue carte migliori. La planata sulla baia di Tokyo, dopo decine e decine di chilometri di urbanizzazione ininterrotta, è di quelle cose che ti lasciano senza fiato. Percorriamo tre volte il Rainbow Bridge per colpa del navigatore, colpa che gli viene subito perdonata.
Il castello che sembra galleggiare
Qua siamo al castello di Matsumoto. Nel parco avevamo visto un gatto e un coniglio.
Il castello sembra che galleggia perché dalle finestre non si vedono le rocce che ci sono sotto ma il laghetto. Nel laghetto c’erano tante carpe.
Le sale erano vuote e non avevano il tatami ma il legno.
Fuori dal castello c’era un samurai.
Il samurai era tutto coperto anche se faceva molto caldo.
Andrea
Un intreccio di labirinti
Prima di arrivare ad Hakuba ci siamo fermati in una località con un Bosco Sacro dove vivevano i ninja. Scesi dalla macchina ci siamo avviati nella ricostruzione della scuola dove si allenavano e vivevano i ninja. I ninja erano monaci prima e guerrieri poi, molto abili nel nascondersi e così silenziosi da esser quasi invisibili. I ninja erano esperti a combattere con armi particolari (spade, mazze ferrate, shuriken…). La prima tappa è stata in un tiro a segno, dove ti davano sei shuriken, oggetti simili a stelle di metallo, con cui dovevi colpire un bersaglio.
Finito i tiri ci siamo diretti alla casa dei ninja. Un signore ci ha invitato a togliere le scarpe. Un attimo dopo eravamo già dentro. Porte scorrevoli nascoste nei muri, stanze sottosopra, ante girevoli, labirinti intrecciati ecc. continuavano a giocarci scherzi. All’inizio sembrava una cosa molto semplice trovare l’uscita ma poi non è stato così. Ogni volta che cambiavamo stanza le porte erano sempre più difficili da trovare ed uscire dai labirinti non era semplice. Molto spesso dopo un lungo percorso ci ritrovavamo nella stanza iniziale e dovevamo ricominciare.
Quando finalmente siamo riusciti ad uscire ci siamo concessi un piatto di soba, spaghetti di grano saraceno cotti in acqua e salsa di soia e serviti con tempura di verdure.
Prima di ripartire abbiamo fatto una passeggiata nel Bosco Sacro in mezzo a due file di cedri secolari che conducevano al tempio. Le piante più antiche avevano i paramenti sacri del tempio.
Pietro
Il profumo dell’avventura
E poi ti capita, dopo un mese e mezzo senza incrociare connazionali, di incontrarne tre molto speciali, naturalmente nella tappa più sperduta di tutto il giro. Speciali perché arrivano da Lisbona, anzi dal Cabo da Roca, il posto più a Ovest del continente Europeo. Ma ci arrivano in auto, attraverso Russia, Kazakistan, Siberia e Corea del Sud. Si tratta di un raid di cui avevo sentito parlare, sponsorizzato da Peugeot e parte di un progetto ancora più ampio che comprende anche percorsi in bicicletta in solitaria. Il leader del gruppo si chiama anche lui Andrea, e i racconti delle sue imprese in giro per il mondo lasciano a bocca aperta l’altro Andrea e i suoi fratelli, che non smettono di fargli domande a raffica. Anche loro però hanno parecchie cose da raccontargli. Chissà che non stia nascendo qualcosa all’interno di queste tre testoline?
Gli incontri tra italiani in vacanza sono sempre piuttosto “rumorosi”, mettiamola così, specialmente se le cose da raccontare sono tante. Se a questo aggiungiamo che ci siamo assembrati sulla scala a causa di una connessione wifi piuttosto carente, e che erano già le 10 passate, sui volti dei giapponesi è iniziato a trapelare un certo disagio, sempre ben celato naturalmente. Siamo dunque rientrati nei ranghi e domani ogni gruppo riprenderà la sua strada, noi in vista del rientro verso Tokyo, loro verso la vetta del Monte Fuji. Ma non prima di esserci citati nei rispettivi blog.
Peccato solo di non poterci aggregare al ricevimento finale previsto presso l’Ambasciata italiana di Tokyo il 31 Agosto. Saremo già in Italia.
Onsen, onsen e ancora onsen
L’ultima locanda dove siamo approdati, a Norikura Kogen, è l’apoteosi dell’onsen. Questa vera e propria istituzione nazionale, sulla quale ci siamo già soffermati in precedenza, si manifesta qua con due vasche, una interna e una esterna (rotenburo), ma soprattutto con un’acqua straordinaria: lattiginosa e dall’intenso odore di zolfo, non è eccessivamente calda come a Nozawa, e ti lascia una pelle favolosamente vellutata. C’è un detto secondo cui tre giorni di immersioni in queste acque metterebbero al riparo dalle malattie per ben tre anni.
La vasca dell’onsen, sempre rigorosamente separata per uomini e donne, può essere anche piccolissima, poco più di una vasca da bagno, ma il contesto e il rituale sono sempre i medesimi. C’è infatti un’anticamera dove ci si spoglia, seguita dal locale con la vasca, contornato da alcuni rubinetti e doccette. Sgabelli di plastica e piccoli secchielli per l’acqua completano la dotazione, poiché la regola fondamentale prevede che ci si lavi accuratamente tutto il corpo prima di entrare nella vasca.
Per tornare alla nostra locanda, le stanze sono in stile giapponese, con tavolino basso, tatami e futon, e naturalmente prive di servizi igienici privati. Quelli in condivisione constano semplicemente di un lavandino e due wc. La doccia non c’è, poiché il luogo in cui ci si lava è proprio l’onsen. Dunque l’onsen non è come la spa di un albergo, dove uno decide se andarci o meno. Bensì parte integrante dei servizi, in quanto luogo dove ci si lava il corpo, ci si rade e ci si spazzola i denti. Mi sono infatti sentito un po’ fuori luogo a farmi la barba nel normale lavandino…
Mobilità elettrica, che delusione
Le mie aspettative sullo sviluppo della mobilità elettrica nel Paese dove si produce il modello più venduto al mondo, e dove la diffusione della rete di ricarica rapida pare essere la più capillare, sono andate del tutto deluse. Una ventina di Nissan Leaf avvistate in un mese e mezzo, anche se molte di più di quelle che ho visto in un anno intero in Italia, non si possono certo definire un successo. E di altri modelli nemmeno l’ombra. Ad esempio quella che si trova in Italia come Mitsubishi MiEV qua è un normale modello a motore a scoppio. Trionfano invece le ibride, Toyota Prius in testa.
Anche la rete di ricarica veloce CHAdeMO non è parsa affatto visibile. Probabilmente la maggioranza delle colonnine sono in luoghi privati, in particolare presso i numerosi rivenditori Nissan. Nulla di paragonabile ad esempio con il Canton Ticino.
Dunque anche qua la mobilità elettrica è allo stato pionieristico, e almeno su questo aspetto non veniamo umiliati.
Tutto sempre sotto controllo, anche in alta montagna
In Giappone i treni si fermano in stazione in modo tale che le porte coincidano esattamente con le segnalazioni poste sulla banchina. Queste ultime sono naturalmente differenti in funzione della specifica tipologia di convoglio e della sua lunghezza, ben illustrate con schemi esplicativi. Non un centimetro più avanti, non un centimetro più indietro, per far entrare velocemente i passeggeri, nel frattempo rigorosamente disposti in fila indiana.
Tanto per fare un altro esempio, a colazione in un grande albergo mi hanno consegnato un tagliando plastificato da tenere sul tavolo con scritto da una parte “occupato”, dall’altra “terminato”. Così che non ci possano essere fraintendimenti.
La Tateyama-Kurobe Alpen Route è un famoso itinerario montano nelle Alpi giapponesi, che combina l’utilizzo di differenti mezzi di trasporto per una splendida traversata che culmina ai 2400 m di Murodo. Qua la mania per la precisione e il controllo di tutto si può manifestare al meglio. I vari mezzi (filobus in galleria, funicolare, funivia, altro filobus) sono sincronizzati perfettamente tra di loro per evitare lunghe attese anche nei periodi di massimo afflusso. Il personale, sempre molto numeroso e continuamente inchinato, regolamenta anche le modalità di disposizione delle code per l’attesa, sempre con grande sforzo di mimica. Ogni singola cosa è spiegata nei minimi dettagli, con cartelli, voci, video che indicano anche il numero esatto di scalini che si dovranno affrontare nella tappa successiva. Se a questo aggiungiamo un approccio commerciale che, seppur sempre sobrio, è onnipresente con negozi di cose da mangiare e souvenir ad ogni tappa, ci si sente veramente molto intruppati e poco liberi di “divagare” almeno un po’, rispetto ai modi e ai tempi prestabiliti.
Poi però ti ritrovi immerso nell’onsen più alta del Giappone a 2450 m di quota… e ti fai una ragione di tutto ciò.
Sarei però molto curioso di vedere le reazioni dei giapponesi di fronte a qualcosa che faccia saltare tutta questa meticolosa programmazione. O forse no…