Una piacevole serata

L’aspetto più interessante del viaggiare per lavoro rispetto al viaggiare per turismo, sta nella possibilità di conoscere maggiormente le persone e le loro abitudini. L’altra sera siamo stati invitati a cena da un ragazzo che lavora come ricercatore all’Università di Kyoto e da sua moglie. La coppia ha una bimba, il cui nome si pronuncia “Kana-o”, che è nata il medesimo giorno di Andrea, il 24 giugno, però del 2013. La piccola si sta cimentando con i primi passi e i primi suoni articolati, assolutamente uguali a quelli che pronunciavano i miei figli alla sua età e molto assonanti con quelli che pronunciano gli adulti. Ricordo infatti che allora dicevo sempre che i miei figli sembravano giapponesi e a distanza di alcuni anni ho potuto appurare che lo erano veramente!

La casa in cui ci hanno accolto era tradizionale, essendo un edificio di più di 100 anni. Per raggiungere l’ingresso abbiamo percorso alcuni metri in un angusto corridoio in mezzo a due edifici antistanti al termine del quale ci siamo trovati di fronte a una porta scorrevole in legno e carta di riso. Come consuetudine ci siamo tolti le scarpe prima di entrare. Varcata la soglia ci siamo trovati in un piccolo ingresso con un tavolo e un cucinino.

20140726_172220 A sinistra un’altra porta scorrevole dava accesso ad un vano con il tatami (la tipica pavimentazione in stuoia utilizzata per le camere da letto e i locali giorno) il cui soffitto in legno incombeva basso. Un tavolino alto circa 30 cm era baricentrico rispetto al locale e sulle tre pareti non occupate dalla porta scorrevole erano addossati rispettivamente un piccolo divano di velluto verde con la struttura in legno, una poltrona sotto alla quale c’era un vasino di ceramica come quelli che si usavano un paio di generazioni fa in Italia, una libreria, alcuni giochi di legno e una scrivania con due computer. Non mancavano un condizionatore e un ventilatore, indispensabili in una giornata che ha toccato i 37°. L’ambiente risultava molto raccolto ed accogliente. Ci siamo seduti tutti per terra intorno al tavolino centrale per prendere l’aperitivo: anguria, legumi simili a piccole fave e una bevanda molto popolare dall’aspetto simile al latte di cocco e dal gusto paragonabile al sorbetto al limone.

20140726_174341Di seguito sono state appoggiate sulla scrivania numerose ciotole contenenti germogli, mais, formaggio, tofu, verdure, piccoli wurstel, pesce crudo e la più grande riso. Non mancavano ovviamente salsa di soia, zenzero e spezie. In una vaschetta poi eran contenuti alcuni fogli di alghe di due differenti dimensioni. Entrambi andavano riempiti con riso e gli ingredienti desiderati; le più piccole venivano poi arrotolate a forma di cono, le più grandi adagiate su uno stuoino che serviva per arrotolarle a forma di cilindro. Le prime venivano mangiate dal commensale che le aveva preparate, le seconde tagliate a rondelle e condivise.

DSC_6828La cena si è conclusa con alcuni dolci che avevamo portato noi simili a pancakes, che ci hanno affascinato perchè prodotti con una macchina posta in bella vista nella vetrina del negozio, che ricordava tanto il film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”.

I bambini erano molto divertiti da questa cena così interattiva. Non appena terminato hanno iniziato a giocare facendo rotolare alcune palline sul tatami, suscitando l’interesse della piccola che si aggirava eccitata e barcollante tra gli strani ospiti, afferrando quello che poteva dai piatti di ognuno, secondo la migliore tradizione che accomuna tutti i bambini del mondo. Nel frattempo noi adulti sfogliavamo il bellissimo album di matrimonio dei due ragazzi celebrato con abiti tradizionali secondo il rito Shintoista.

E’ stata davvero una piacevole serata!

Se questi sono parchi giochi……

In Giappone non si vedono molti bambini per le strade, forse perchè la scuola è appena terminata o forse perchè sono troppo impegnati a prepararsi per la società di domani dove dovranno lavorare molto duramente. Per comprendere meglio, basti pensare che da queste parti le vacanze scolari estive durano circa un mese, mentre quelle lavorative tre giorni. Si, proprio tre giorni; però quasi tutti si lasciano ingolosire e, attaccandone un paio prima o dopo, arrivano a godere di una intera settimana!

I pochi bambini che si vedono sui pullman o sulle metropolitane viaggiano spesso da soli, facendo equilibrismi per svolgere i compiti prima di arrivare a casa, tra una frenata e l’altra in prossimità di fermate e semafori.

pinoc9Nei luoghi pubblici, ristoranti, bar, centri commerciali, etc, non si vedono aree dedicate ai bambini e gli sporadici parchi giochi lasciano basiti da tanto sono desolati. Spianate di terra prive di alberi che paiono realizzate a eterno monito verso una via che non deve essere intrapresa, un po’ come il paese dei balocchi della favola di Pinocchio. Non ho mai visto bambini intrattenersi sulle scarne altalene, sullo scivolo di cemento o ancora sui copertoni parzialmente interrati che diventano infuocati nelle ore più calde, ma sono certa che se mai dovessi scorgerne uno, gli vedrei anche crescere repentinamente delle lunghe orecchie pelose da asinello.

Se queste sono le distrazioni offerte, si può stare certi che i bambini non perderanno mai di vista i loro obiettivi.

Buon compleanno Luca!

DSC_6822Il 24 luglio è il giorno della seconda e ultima parata del festival Gion Matsuri, reintrodotta per la prima volta quest’anno dopo più di 50 anni. A  fatica troviamo un posto su un muretto in prossimità di un incrocio e, abbarbicati ad un alberello, attendiamo l’arrivo dei carri. Il clima è afoso e un poliziotto con un sorriso affabile pronuncia ininterrottamente parole incomprensibili attraverso un megafono, mentre con la mano e i cenni del capo sembra benedire la folla. D’improvviso sbuca da dietro gli edifici il primo stendardo, seguito da una variopinta sfilata di uomini, donne e bambini agghindati con abiti tradizionali. Le dame a cavallo paiono bambole di ceramica e alcune bambine trotterellano al seguito nei loro abiti color pesca, attardandosi di tanto in tanto per far ruotare gli ombrellini di carta di riso. DSC_6795Dietro di loro uomini vestiti da aironi aprono le ali come ad ammonire le piccole, che ripartono leste per non esser raggiunte. Due giovani samurai, perfettamente immedesimati nel ruolo assegnatogli, proteggono impettiti tre scrigni dorati sorretti da alcuni portantini. DSC_6837

 

Infine chiudono la parata i grandi carri che avanzano lenti e pesanti come pachidermi. Piccoli pini svettano sopra le coperture e gli esili rami fluttuano nell’aria insieme alle note dei flauti e ai trilli dei campanelli. Prima che il carro giunga nel centro dell’incrocio alcuni uomini estraggono due fascine di canne di bambù tagliate verticalmente e le dispongono a terra.

DSC_6579Quando le ruote anteriori salgono sui legni, il carro viene bloccato con dei cunei. Secchi di acqua (e sapone, credo) vengono rovesciati sull’asfalto e sulle canne per ridurre l’attrito. I DSC_6806due uomini che muovono in modo ritmato i ventagli sul predellino anteriore del carro, vengono raggiunti da altri due che, come maestri di cerimonia, iniziano a dirigere le manovre. Le corde con le quali il carro viene trascinato sono repentinamente avvolte intorno al mozzo della ruota anteriore esterna. All’ordine unisono dei maestri di cerimonia, il gigante viene fatto scivolare sulle canne compiendo una rotazione intorno alle ruote posteriori. Ci sono volute circa quattro possenti spinte per fargli compiere una rotazione di 90°. Terminata l’abile manovra, il carro prosegue nella nuova direzione accompagnato dagli applausi della folla rimasta con il fiato sospeso fino a quel momento.

Dopo aver assistito a questo spettacolo unico, ci dirigiamo verso la galleria commerciale per prendere un regalo per Luca, perchè il 24 luglio è anche il suo compleanno! Essendo un bambino molto permeabile alle differenti culture, usi e costumi, ha optato per uno yukata (la versione estiva del kimono)……ed io proprio non potevo lasciarlo solo in questa sua scelta!

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Un paese all’avanguardia

Per arrivare a prendere il sale in fondo al ripiano della cucina ho appoggiato la mano contro il muro ad ovest dell’appartamento. Erano circa le sette di sera, il sole era già tramontato ed il muro era caldo, simile a quello di una stufa di ceramica che diffonde gli ultimi tepori dopo lo spegnimento.

Lampadina-a-incandescenzaE così mi sono soffermata a ripensare a quanto avevo visto negli ultimi giorni. Gli edifici dal punto di vista architettonico sono assolutamente anomini (fatta eccezione per quelli storici ovviamente) e sono talmente addossati gli uni agli altri che sembra che stringano le braccia al corpo sollevando le spalle per non urtarsi. Dal punto di vista dell’isolamento poi sono assolutamente inefficienti: muri e vetri così sottili da dover far funzionare l’aria condizionata tutto il giorno, aumentando ulteriormente l’isola di calore nelle strade dove migliaia di motori sputano incessantemente aria calda. Anche le lampadine concorrono a scaldare gli ambienti, perchè sono ancora quelle ad incandescenza.

faglie giapponesiIl Giappone dunque, sdraiato su una spaccatura della terra dove il calore preme in ogni luogo per fuoriuscire con violenza, ha preferito mettere in gioco enormi potenze tramite le centrali nucleari e il carbone, piuttosto che percorrere la via del risparmio energetico e dello sfruttamento delle fonti inesauribili.

Per molti aspetti la tecnologia italiana è più all’avanguardia rispetto a quella giapponese, o almeno più sostenibile, eppure qui sembra di essere in un luogo decisamente più vivibile e “tecnologico”. Il motivo è che le cose funzionano al meglio delle loro possibilità, essendo gestite, mantenute e manutenute in modo meticoloso e puntuale.

treni con graffititreni giapponesiBasti pensare ai trasporti pubblici: paiono anni luce avanti rispetto ai nostri, eppure non siamo di fronte a forme di teletrasporto, ma semplicemente a treni in perfetto ordine, che partono ed arrivano all’orario prestabilito, senza graffiti che ne oscurino i vetri e macchie sui sedili.

Queste riflessioni rendono ancora più amara la realtà. Sarebbe stato preferibile constatare che in Giappone si avvalgono di tecnologie per noi irraggiungibili, piuttosto che vedere tecnologie equiparabili, ed a volte persino obsolete, e una società all’avanguardia grazie al senso del bene comune, al rispetto altrui e delle regole. trenitalia-multa-ritardo-treno

I rituali buddisti

DSC_6702Mentre aspettavamo che spiovesse sotto la copertura a volta di una galleria commerciale, Pietro Luca e Andrea sono stati invitati ad entrare in un tempio buddista da una donna con due bambini di circa sei e otto anni. Con curiosità e titubanza si sono avvicinati alla donna che, con un gesto delicato, ha porto a ciascuno di loro una moneta. Uno alla volta hanno gettato l’offerta dentro ad una grande struttura in legno simile ad un lavatoio, posta di fronte all’altare, sopra alla quale due robuste corde parevano sospese su un baratro di cui non si scorgeva la fine. Tutti insieme hanno afferrato e scosso con forza la corda più grossa, formata da più filamenti colorati e da un medaglione metallico posto vicino all’estremità superiore che, colpendone un altro, ha diffuso nel piccolo tempio un suono lieve ed acuto, inghiottito anch’esso in breve tempo nel baratro dell’offertorio. A fianco c’era la seconda corda, i cui filamenti avvolgevano come forti dita ossute un martello che, grazie all’energica sferzata dei cinque ragazzi, ha fatto risuonare una grossa campana, producendo questa volta un suono grave. Ora che avevano destato l’attenzione del Budda, era giunto il momento di salutarlo unendo le mani in preghiera ed abbassando lievemente il capo ad occhi chiusi.

Dopo questo gesto di profonda condivisione, la donna e i ragazzi si sono accomiatati scomparendo in un attimo nella folla da cui erano emersi pochi istanti prima.

Anche in Cina avevamo avuto la fortuna di esser accompagnati nei rituali buddisti in un tempio nei pressi di Hangzhou, e sebbene allora come ora nessuna parola fosse stata scambiata, i momenti vissuti sono stati così profondi da rimanere indelebili nei nostri ricordi.

 

I luoghi sacri

Durante il fine settimana abbiamo potuto iniziare ad assaggiare questa città costellata di templi e santuari, luoghi sacri in cui è custodita la fede degli uomini e i pochi spazi verdi rimasti a Kyoto.

DSC_6671Nel parco del Tempio Rokuon – ji, i grilli friniscono senza sosta, mentre le carpe multicolore si affollano mute vicino alle sponde dei laghi. Le timide tartarughe si affrettano a immergersi nelle acque torbide per celarsi agli sguardi indiscreti dei turisti, e i pini gentili protendono al massimo le numerose braccia per donare sollievo a chi gode della loro ombra. DSC_6677

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20140718_173909Sulla spianata infuocata del Tempio Nishi Honganji, due maestosi ed imponenti alberi di gimko si ergono come guardiani, e le migliaia di ventagli verdi della loro chioma fremono lievi ad ogni sospiro del vento.

Quando si varcano le possenti porte che conducono dentro a uno di questi luoghi sacri si ha la sensazione di entrare in un tempo e in un luogo infinitamente lontano dalla città che tutto attorno lo assedia. Anche in Cina ricordo di aver vissuto emozioni analoghe.

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Degni di una menzione speciale…..

……..sono i water! Sì, proprio loro. Ad iniziare da quello che abbiamo in casa a Kyoto. Sopra alla cassetta dello scarico è presente un piccolo lavandino il cui foro di scarico porta direttamente nella vaschetta. Dopo aver scaricato, l’acqua esce da un tubo arcuato posizionato sopra il lavandino e può esser utilizzata per lavarsi le mani, prima che vada a riempire nuovamente la cassetta. Un piccolo ma interessante esempio di risparmio idrico.DSC_6648

Ma questa è solo la versione base, quella super accessoriata, presente in quasi tutti i luoghi pubblici, è dotata di una sorta di pulsantiera a fianco della tazza con numerosi comandi che permettono di simulare il rumore dello scarico (il motivo non è chiaro, forse per coprire altri tipi di rumore?) o spruzzare l’acqua verso l’alto a getto o a doccia per fare il bidet (ovviamente anche la pressione dello spruzzo può essere selezionata, un pò come lo zucchero nel caffè dei distributori automatici). Più che in un bagno, sembra di essere in una cabina di pilotaggio. Va da sé che non troverò mai il coraggio di schiacciare quei comandi, e quindi tutto quello che accade realmente ce lo dovremo far raccontare, o magari vedere in qualche video su internet.

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Fiumi di silenzio

Tutto in Giappone è ordinato, silenzioso, puntuale e pulito tanto che persino i chewing gum si rifiutano di appiccicarsi per terra, quegli stessi che da noi si affollano nelle stazioni, sui treni, metropolitane e nelle strade e prendono spesso un passaggio sotto le mie suole delle scarpe per andare da un luogo ad un altro. Ci si aspetterebbe quindi di vedere numerose persone affannate a pulire e riordinare senza sosta ogni angolo della città, ed invece non è così. Sembra di essere in presenza di spiriti del passato (o forse del futuro) che fluttuano senza lasciare traccia alcuna: una carta, una scritta, una impronta, un chewing gum……..un rumore. Sì, anche il silenzio regna sovrano. Durante la festa più importante di tutto il Giappone, Gion Matsuri, fiumi di persone scorrono placidi per le strade in un silenzio surreale, tanto che i deboli trilli dei campanelli dei carri si odono distintamente anche a distanza, preannunciandone l’imminente passaggio. DSC_6534

E così i moderni centri commerciali e i negozi di alta moda fanno un passo indietro accennando un lieve inchino per onorare anch’essi gli uomini e i bambini che, vestiti con drappi e pesanti kimono, trascinano carri alti oltre 20 m.

Sui carri uomini cantano nenie al ritmo di campanelle e tamburi, e sul carro di apertura della sfilata un bambinoDSC_6557 con il volto dipinto di bianco e con il capo e il corpo riccamente adornati, si sporge con tutto il busto a 10 m di altezza, per catturare gli spiriti malvagi e porre fine alla pestilenza che, 1000 anni fa, aveva decimato la popolazione. Da allora questo rituale si compie ogni anno come evento culminante di una festa che si protrae per tutto il mese di luglio. Il caldo è torrido, ma non per loro, che sembrano perfettamente a loro agio dentro ai pesanti vestiti, forse perchè hanno una missione troppo importante per occuparsi di sè stessi. I carri avanzano lentamente oscillando al ritmo cadenzato dei colpi di cuneo che vengono magistralmente infilati sotto le grandi ruote di legno per indirizzare il carro, mentre i decori floreali e di animali esotici sembrano prendere vita ed uscire dalle pareti laterali per unirsi alla folla. DSC_6542

Non appena la parata è terminata, i carri vengono smontati per evitare che gli spiriti imprigionati escano nuovamente.

Le regole muovono abilmente i cavi degli avvenimenti in modo che tutto scorra liscio. DSC_6551 Nelle vie pedonali le persone percorrono la strada tenendo la sinistra e nessuno occupa la corsia sbagliata, a parte noi ovviamente, che veniamo subito gentilmente richiamati all’ordine. Vigili vestiti come giostre con luci rosse e blu, dirigono il traffico pedonale, e scambiano inchini e sommesse parole con coloro che chiedono il permesso di attraversare.

DSC_6547Eppure alzando la testa si rimane attoniti a vedere la selva di cavi elettrici che si rincorrono attorcigliandosi l’un l’altro per arrivare nelle abitazioni. Verrebbe quasi da pensare che così presi ad assicurarsi che tutto sia perfetto in terra, si siano dimenticati di alzare la testa. Ma ovviamente non è cosi: anche il disordine ha il suo ordine. I cavi sospesi permettono di individuare e sistemare più rapidamente un eventuale guasto, e questo aspetto è essenziale in una terra che spesso trema. E così quel disordine rimane sospeso sull’ordine generale come un amaro scherno.

Forse è proprio per non risvegliare l’ira degli spiriti di una terra a volte troppo violenta che gli uomini cercano di passare lievi, con lo sguardo rivolto verso il basso e protesi all’ascolto come in una perenne preghiera.

Nuovamente in Oriente!

Dopo poco più di un anno eccoci riapprodati in estremo oriente! Non più un paese emergente, la Cina, ma uno dei più sviluppati al mondo: il Giappone. Mi risulta inevitabile sin da subito confrontare le due esperienze, forse perchè le uniche fatte in Asia, forse perchè entrambe nascono come una opportunità lavorativa di Mario in ambito universitario. L’aspettativa era tanta ed è cresciuta sempre di più nell’attesa della partenza tra racconti di chi era già stato, articoli e reazioni entusiaste di amici e parenti. Non da ultimo per un ingegnere ambientale Kyoto rappresenta una sorta di “Monte Sinai” dove nel 1997 è stato siglato il protocollo contenente i “comandamenti” da cui discendono, o dovrebbero discendere, le nostre politiche ambientali.

Il Giappone ci offre subito il suo biglietto da visita nel viaggio da Tokyo a Kyoto: i treni, che sembrano esser al loro viaggio inaugurale da tanto sono puliti ed in ordine, hanno una puntualità imbarazzante e sembra quasi che ci aspettino dietro l’ultima curva per esser subito pronti quando arriviamo in banchina. Strana sensazione per chi ha viaggiato in Italia ed è abituto a giocare a “nascondino” con i treni che cercano abilmente di non farsi trovare: in ritardo o soppressi quando si arriva in anticipo, in anticipo quando si è in orario o in lieve ritardo! shinkansen

E poi la casa. In Cina eravamo stati presi da un certo sconforto quando, entrati dalla porta frustra della “army barrack“, ci si era parata davanti una piccola cucina con numerose candelette di grasso solidificato che come liane scendevano dalla cappa. Le più audaci si erano spinte fino agli armadietti, ed erano rimaste aggrappate alle ante, forse colte di sorpresa dal nostro ingresso, mentre erano in attesa che la polvere e le granaglie sparse all’interno dei mobili le facessero entrare. E le altre stanze non volevano certo esser da meno.

La casa giapponese al contrario ha mobili ed oggetti in perfetta livrea che si specchiano su pavimenti quasi bianchi e assolutamente lustri. Tutto era pronto per il nostro arrivo, ed ogni cosa, scrollatasi di dosso anche l’ultimo granello di polvere, ci attendeva con un ossequioso ed orgoglioso inchino, com’è usanza da queste parti.

Però l’imperfetta accoglienza cinese era impagabile: l’edificio in cui abitavamo era situato dentro il campus e spesso bussavano i ragazzi che venivano a chiamarci per andare a pranzo, cena, per portarci te verde, dolci o altri cibi tipici o anche solo per assicurarsi che non avessimo bisogno di nulla. L’invadente e chiassoso entusiasmo cinese ha lasciato spazio alla discreta cortesia giapponese che, sebbene sia più simile all’accoglienza “occidentale”, ti fa sentire maggiormente lontano da casa.

 

Big noses

Fino ad oggi abbiamo vissuto una quotidianità cinese tra supermercati, mense, banchi della frutta, palestre e biblioteche. Abbiamo deciso sin dall’inizio di dedicare l’ultimo fine settimana che saremmo stati qui a visitare Huangshan, patrimonio dell’Unesco. Le premesse metereologiche non erano delle migliori, infatti in quella zona pioggia, nebbia e vento dominano per la più parte dell’anno, come se la natura volesse celare la sua perla agli sguardi del mare di uomini che quotidianamente si riversano chiassosi per i sentieri del cielo. Per nulla scoraggiati (o forse semplicemente non potendo più rimandare) prenotiamo  decidendo di fissare un pernottamento in un hotel in quota a quattro stelle, perché foschi racconti locali riportavano che le categorie in Cina hanno standard molto differenti dai nostri. Partiamo domenica di buon mattino per andare a prendere il pullman in centro ad Hangzhou per poi scoprire, dopo un’ora di frenate improvvise e curve a gomito, che l’autobus si ferma nei pressi dell’università. Passato il labirinto cittadino imbocchiamo l’autostrada e case fatiscenti iniziano a sfilare ai bordi della strada, intimorite ed oppresse dall’avanzata di nuovi giganteschi mostri che si perdono a vista d’occhio nelle zone di espansione della città, così grigi e tristi che a stento si capisce se debbano essere abbattuti o se sono pronti ad inghiottire migliaia di persone nelle loro viscere.

Dopo numerosi colpi di clacson arriviamo a Tunxi, dove una giovane donna ci attende dietro un grande sorriso e un vistoso paio di occhiali quadrati senza lenti. E’ Adah, la nostra guida. Il tempo è uggioso e una volta saliti sulla funivia ci immergiamo in una coltre di nubi che come un bambino nasconde sotto le braccia i suoi tesori per renderli invisibili agli altri.DSC_3703 Un po’ scoraggiati ci scambiamo sguardi, ma nel giro di un attimo buchiamo la coltre e lo scenario cambia mostrandosi magnificente come solo di rado capita da queste parti. Siamo arrivati nella dimora degli Dei dove le vette granitiche galleggiano sul mare di nuvole, barriera impenetrabile agli occhi degli abissi sottostanti. Il sole splende terso importunando le rocce scolpite sapientemente dalla natura con quei dettagli che può dare solo chi ha l’eternità a disposizione. Pini millenari si aprono nelle fenditure come ombrelli di dame cinesi. Tutto appare eterno.

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Ci incamminiamo per visitare questo luogo accompagnati dal solito continuo mantra shuāngbāotāi (gemelli), le incessanti richieste di fare foto con i bambini e incrociando talvolta i passi curvi ed amari dei portatori barcollanti sotto il peso del bilanciere carico di rifiuti, che gli frutterà un minimo compenso.

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A sera arriviamo all’albergo. Non una topaia come paventato, ma di un lusso quasi imbarazzante e fuori luogo in quel contesto. La guida ci ha spiegato che è un “big noses’ hotel” ovvero riservato ai “grandi nasi”, appellativo per noi occidentali. Esagerato e fuori luogo…….ma ce lo siamo goduto!

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