About Mario

Oltre ad occuparmi di rifiuti per mestiere, mi intrigano la mobilità ciclabile e quella elettrica. E di conseguenza il viaggiare, da cui sto diventando sempre più dipendente

Auto elettriche e batterie: stato dell’arte

Insieme a un panel di tutto rispetto, al Politecnico abbiamo parlato dello stato dell’arte del settore, delle opportunità, delle criticità, delle prospettive. Particolarmente interessanti i temi sempre attuali dell’integrazione con la rete elettrica e del riciclo delle batterie, per passare da un’economia “lineare- fossile-usa e getta” ad un’economia “circolare-rigenerativa-alimentata da energia rinnovabile”.

Tutte le presentazioni sono disponibili sul sito “Città studi – campus sostenibile”

Un’auto elettrica è meglio di un’auto a benzina?

In questa breve lezione provo a dare una chiave di lettura delle principali caratteristiche dei veicoli elettrici che li rendono più efficaci ed efficienti rispetto a quelli convenzionali. Un ulteriore piccolo contributo a un dibattito che, quantomeno in Italia, sembra non avere mai fine, tra conservatorismi, strategie di retroguardia e paura di affrontare il nuovo che avanza. Grazie a Zanichelli per questa opportunità!

Dieci anni da beta tester

Non saprei esattamente dove collocarmi in questo grafico, dubito tra gli Innovators, più probabilmente tra i cosiddetti Early Adopters. Fatto sta che sono passati ormai dieci anni dall’acquisto del primo veicolo elettrico, dunque il momento giusto per fare il punto della situazione e tracciare un bilancio.

La Nissan Leaf prima edizione, pur con tutti i suoi limiti, mi ha permesso di percorrere 70.000 km senza particolari problemi, diventando fin da subito la prima auto di famiglia in termini di chilometraggio. Alle limitazioni del veicolo si sommavano quelle della rete di ricarica, di fatto inesistente per quanto riguarda le colonnine rapide. I 300 km percorsi in un giorno sul filo del rasoio rimangono ancora tra i ricordi più vividi; un qualsiasi intoppo avrebbe compromesso la giornata di lezioni, che prevedeva il mattino a Piacenza e il pomeriggio a Lecco.

Tre anni dopo, correva il 2016, la tentazione di sostituire l’auto a gasolio con un altro mezzo elettrico, per abbandonare i combustibili fossili. La scelta ricadde sulla Leaf 30, ma fu basata soprattutto sulla promessa dell’imminente installazione di colonnine di ricarica rapida sulla rete autostradale da parte di un grande player italiano. Sappiamo come sia andata a finire: la Leaf 30, con la quale non ho avuto particolari problemi, era tuttavia destinata ad un precoce degrado della batteria, mentre per le colonnine in autostrada abbiamo dovuto aspettare altri 6 anni.

Un viaggio rocambolesco, descritto in questo post, ha tuttavia sancito definitivamente i limiti dell’auto. Dunque con il grande salto nel mondo Tesla la definitiva consacrazione della possibilità di muoversi in elettrico a 360 gradi per lavoro e per vacanza, in Italia e in Europa, o per andare a sciare in montagna a pieno carico.

Uno degli aspetti più interessanti in questi anni è stato seguire l’evoluzione della rete di ricarica; in particolare l’impressionante crescita delle stazioni Supercharger, ma anche la diffusione delle colonnine lente in ogni dove (grazie in particolare a EnelX, A2A e Becharge). E ultimamente le ottime Hyperfast di Free To X in autostrada. Sta di fatto che tutti gli early adopters hanno svolto il ruolo di beta tester, fornendo un piccolo ma importante contributo allo sviluppo della rete e soprattutto alla sua funzionalità. Forse oggi questa cosa non serve più nemmeno in Italia, visto che ormai è possibile viaggiare senza particolari programmazioni preliminari, e magari arrivare in inverno sul valico del Sempione con il 5% di batteria. Molto bene così, ma d’atro canto quell’adrenalina dei primi anni un po’ mi manca…

E per finire, 10 anni in sintesi

400.000 km totali: 180 su Leaf, 220 su Tesla

Stima del costo di gasolio non acquistato: 40-45.000 €

km percorsi gratuitamente: impossibile stimarli, ma tra Supercharger gratuiti, energia ricaricata da fotovoltaico e ricariche gratuite su varie colonnine, direi almeno i 3/4 del totale

Numero di volte in cui sono rimasto a piedi: zero

Ancora sulla Norvegia

Perché la Norvegia è diventato un caso di studio sulla diffusione dei veicoli elettrici a livello mondiale? I motivi sono numerosi, e tutti insieme concorrono a una risposta univoca: perché non poteva essere altrimenti.

Venti postazioni di ricarica al parcheggio alla base del Preikestolen

Agevolazioni sull’acquisto e sull’utilizzo. Acquistare un’auto elettrica costava meno dell’equivalente termica grazie all’abolizione dell’IVA. Inoltre la possibilità di utilizzare le corsie preferenziali (ora non più), di parcheggiare gratis (ora non più) hanno rappresentato un goloso incentivo a fare il salto.

Modalità di guida. Viaggiare in Norvegia è estremamente rilassante in quanto il rispetto delle regole della strada è maniacale. Avete presente la Svizzera? Ecco, qua ancora di più, se possibile. Il limite extraurbano è di 80 km/h, raramente sale a 90. E naturalmente tutti lo rispettano senza se e senza ma. Condizioni di viaggio così tranquille sono quelle che permettono di massimizzare l’autonomia di qualsiasi veicolo, e di uno elettrico in particolare.

Mix energetico. Il 90% proviene da idroelettrico. Serve aggiungere altro?

Condizioni climatiche. Vero, fa molto più freddo, e i veicoli elettrici perdono autonomia con le basse temperature. Ma è una perdita temporanea, non associata alla degradazione della batteria. Cosa, quest’ultima, che invece beneficia delle estati più fresche.

Cavi di ricarica che sbucano da ogni dove

Ma come la mettiamo con il petrolio norvegese? Ebbene sì, la Norvegia estrae un sacco di petrolio e lo vende in giro per il mondo. Scrivo questo post proprio da Stavanger, la capitale delle estrazioni petrolifere, dove c’è anche il Museo del petrolio. Personalmente non ci vedo uno scandalo, visto che è evidente come il paese stia vivendo una fase di transizione energetica vera. E tutto sommato queste estrazioni stano facendo posto ad una potenziale ampia disponibilità di stoccaggio di CO2, secondo il progetto Northern Lights.

Ma se tutte le auto fossero elettriche?

Benvenuti in Norvegia, nazione che probabilmente per prima raggiungerà questo risultato, visto che sta traguardando la fine della vendita di veicoli alimentati a combustibili fossili entro l’anno 2025. Il coronamento di un percorso lungo, iniziato nel lontano 1990, ma che ha dato i suoi frutti. Nel 2022 viaggiando per le strade della Norvegia si incontrano tutti i modelli possibili e immaginabili di veicoli elettrici, nonché una rete di ricarica davvero capillare, con colonnine disseminate anche nei luoghi più sperduti. Uno dei motivi che ha portato a questa situazione è stata la forte spinta politica che si è tradotta sia in robusti sgravi fiscali sull’acquisto, sia in agevolazioni per l’utilizzo. Famoso è il caso della possibilità di utilizzare le corsie riservate a bus e taxi ad Oslo, nonché i parcheggi gratuiti. Una volta ottenuto l’obiettivo, queste ultime agevolazioni sono state giustamente rimosse… e infatti io ho pagato 60 euro per 6 ore di parcheggio in centro a Oslo…

Pur con una penetrazione così elevata (nel 2021 il 65% delle nuove auto vendute sono state elettriche pure, come si può vedere qua) non risulta che il sistema elettrico norvegese, basato per il 90% su energia idroelettrica, sia andato in crisi. Una stima effettuata nel 2019 aveva ipotizzato un incremento di consumo di energia elettrica del solo 3%.

Relativamente all’Italia, dove siamo invece ben lontani da questi livelli, RSE aveva effettuato una stima dell’impatto sulla rete elettrica di una penetrazione significativa di veicoli elettrici. Ne è risultato un incremento del consumo inferiore al 5% nell’ipotesi della presenza sulle strade di 10 milioni di veicoli elettrici.

Tornando alla Norvegia ed entrando nel merito dell’infrastruttura di ricarica, anche qua si osserva il divario tra Tesla e “resto del mondo”. La scelta del costruttore californiano di investire sulla rete Supercharger pare decisamente vincente. Le stazioni hanno una taglia media di circa 20 punti di ricarica, ma spesso risultano in fase di ampliamento, che può significare anche un raddoppio (come si può vedere nella foto qua sotto). Si iniziano peraltro a vedere veicoli non Tesla in ricarica, come ampiamente previsto e come decisamente auspicabile, almeno a parere di chi scrive, nell’ottica di promuovere ulteriormente la diffusione della mobilità elettrica.

Insomma, in Norvegia è davvero raro sentire puzza di gas di scarico!

Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica

Tornare sui banchi di scuola all’Università di Verona per acquisire nuove competenze su un argomento strategico è stata una bellissima esperienza. E anche l’occasione di conoscere tantissime persone entusiaste e toccare con mano alcune esperienze avanzate di supporto alla mobilità ciclistica, sia urbana (Mestre, Bolzano) che turistica (la meravigliosa ciclabile della Valsugana).

Il mio elaborato finale ha riguardato un’analisi della mobilità ciclistica nel mio territorio dell’Ovest Ticino, unito a una serie di proposte per promuoverla, sia in termini di ciclismo urbano che ricreativo/turistico. Per questo lo metto a disposizione di tutti gli interessati:

Mario Grosso – elaborato finale 2021

Allegato Indagine mobilita urbana a Oleggio

Presentazione PPT

W Tesla, dagli a Tesla!

Parafrasando un recente post, vorrei tornare su un argomento talvolta divisivo all’interno della comunità del cosiddetto “popolo elettrico”, ovvero l’idiosincrasia per Tesla e indirettamente per il suo patron Elon Musk. Questo aspetto mi era parso sopito, tuttavia esistono ancora alcuni pasdaran che, sebbene cultori della mobilità elettrica fin dalla prima ora, criticano apertamente Tesla per una serie di ragioni che spesso paiono riconducibili ad una battaglia ideologica.

I fatti ci dicono innanzitutto che Tesla non si configura come un semplice costruttore di automobili, bensì come un’azienda che offre un servizio di mobilità elettrica (cosa ben diversa dalla semplice vendita di un veicolo) e più in generale traguarda un modello di transizione verso l’energia rinnovabile, dove il veicolo è elemento centrale ma non esclusivo. Il gruppo comprende infatti anche la realizzazione di una rete di ricarica capillare e affidabile, sia rapida (Supercharger) che lenta (Destination Charging),  la produzione di batterie per sistemi di accumulo stazionario a supporto di impianti a energia rinnovabile, sistemi di tegole fotovoltaiche, per citare i principali.

Rimanendo sul tema del veicolo, questo è pensato con una logica completamente diversa da qualsiasi costruttore tradizionale: si tratta naturalmente di veicoli nativi elettrici e non di goffi adeguamenti di modelli fossili esistenti, basati su un design molto particolare e una funzionalità essenziale, gestiti come dei computer su 4 ruote, continuamente aggiornati con nuove funzionalità, ecc. ecc. Di fronte a questa dirompente innovazione, i costruttori tradizionali non hanno potuto fare altro che mettere in pratica il famoso detto “prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono…”. E’ infatti a mio avviso fuori discussione che i recenti slanci verso la mobilità elettrica da parte di alcuni di essi derivino proprio dalla constatazione dell’effetto dirompente di Tesla sul mercato e dell’enorme interesse suscitato per i propri veicoli. Vedersi sorpassare nelle vendite da quella che sembrava una piccola azienda visionaria californiana ha sicuramente smosso le acque, ma nel frattempo l’enorme ritardo accumulato pare difficilmente colmabile in tempi brevi. E questo ritardo non riguarda, ancora una volta, la sola produzione di veicoli, bensì l’intero ecosistema “servizio di mobilità elettrica”. Insomma, Tesla ha fatto e continuerà a fare ancora per molto la lepre, che tutti si apprestano a inseguire, a beneficio generale dello sviluppo della mobilità elettrica. Ecco, questo specifico aspetto mi sembra forse l’unico sul quale anche i citati pasdaran, concordano obtorto collo.

Un altro aspetto che merita qualche considerazione è la capacità di Tesla di coniugare due elementi centrali nella scelta di un veicolo: la componente razionale e quella emotiva. Sappiamo che le persone possono spaziare da un estremo all’altro. Diciamo da chi, nell’acquisto di un’auto, pesa con un rapporto 90/10 queste due componenti a chi al contrario considera un rapporto 10/90. Ebbene, un veicolo Tesla è in grado di intercettare entrambi questi estremi. Chi è alla ricerca di efficienza, utilizzabilità e funzionalità le trova senza alcun problema, ça va sans dire (la Model 3 è il veicolo più efficiente sul mercato). Chi basa l’acquisto sull’impulso emotivo trova veicoli dal design che non passa inosservato e soprattutto dalle prestazioni estreme. Diciamo che un veicolo come la Nissan Leaf (che personalmente adoro, ndr) difficilmente può suscitare questo genere di sentimento, a partire dal goffo design della prima versione. Questo significa, molto banalmente, che si traghetta all’elettrico una fetta della clientela che mai lo farebbe. Ed è un aspetto non da poco.

Infine l’argomento dei costi: i veicoli Tesla sono solo per ricchi e facoltosi. E’ indubbio che Tesla sia partita con la costruzione di veicoli molto cari, a partire dalla prima Roadster, tuttavia la storia dimostra come ci sia stata una continua diminuzione dei prezzi, sia grazie all’introduzione di nuovi modelli più piccoli (la già citata Model 3), sia su modelli esistenti. Improvvise consistenti riduzioni di prezzo effettuate da un giorno all’altro hanno suscitato non pochi mal di pancia a chi aveva effettuato l’acquisto poco tempo prima. Numerosi confronti hanno dimostrato come i veicoli Tesla risultino spesso più economici di modelli di pari categoria, senza contare i risparmi dovuti ai minori costi di gestione.

Insomma, si convinceranno mai i detrattori a riconsiderare le proprie posizioni? Difficile, ma credo che gli argomenti qua sopra esposti possano fornire un utile contributo alla discussione. Diciamo che, volendo vedere l’altra faccia della medaglia, anche un ridimensionamento dell’approccio dei cosiddetti “Tesla fanboys” aiuterebbe a rimettere il dibattito sui giusti binari.

La mobilità sostenibile post-Covid

Ciclisti e negozi di biciclette letteralmente con le mani nei capelli per la valanga di richieste di nuovi velocipedi e di riparazioni di vecchi catorci recuperati dalle cantine. I modelli a pedalata assistita sembrano trainare la domanda, indicatori di una conversione alle due ruote da parte di chi generalmente non ci andava.

Crollo dei voli aerei. Ancora il 22 giugno, quasi tutto cancellato per Easyjet in partenza da Malpensa. Con l’incremento dello smart working e lo svolgimento da remoto di tante riunioni di lavoro che si svolgevano (inutilmente) in presenza è auspicabile che il volume del traffico aereo non ritorni in fretta ai livelli pre-Covid.

Possibilità per molte persone, grazie alla forte diminuzione degli spostamenti lavorativi, di ricaricare i veicoli elettrici di casa praticamente solo con il sole. Un po’ come raccontato qua.

Il Covid ci sta regalando delle opportunità incredibili di abbattimento dell’impatto nel settore dei trasporti. Tutte da capitalizzare, per quanto possibile.

Riflessioni su quarantena ed ecologia

Ringrazio la Libreria Ragazzi di Imperia per l’opportunità di raccontare le mie riflessioni e sensazioni sull’auspicata transizione ecologica a valle dell’emergenza Covid

Quarantena ed ecologia

Nella situazione che stiamo vivendo abbiamo assistito a tante situazioni drammatiche, dal punto di vista sanitario, economico e sociale. L'unico versante che ha avuto qualche benificio è quello ecologico. Ma la pandemia ha migliorato l'ambiente e l'ecosistema? Ci dà qualche risposta l'Ingegnere Ambientale Mario Grosso, docente al Politecnico di Milano, autore di numerose pubblicazioni nazionali e internazionali, socio fondatore della AIAT (Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio) e Vice Presidente di ENEP (European Network of Environmental Professionals), che ringraziamo per la sua disponibilità.

Pubblicato da Libreria Ragazzi su Lunedì 25 maggio 2020

W l’auto elettrica, dagli all’auto elettrica!

Frequentando il mondo della mobilità elettrica in prima persona da quasi sette anni, e in maniera esclusiva da più di tre, devo constatare come questo argomento susciti un enorme interesse, ma anche dei sentimenti estremi, cosa che non mi sembra trovare uguali in altri settori. Provo a farne una breve analisi in questo post, cercando di farlo in maniera più equilibrata possibile.

Ma tu cosa ne pensi dell’auto elettrica?
Innanzitutto mi capita ormai molto raramente che, nei contesti più disparati e parlando di tutt’altri argomenti, non salti fuori dal cilindro la domanda sulla mobilità elettrica. Escludo che in tutte queste situazioni si tratti di persone che conoscono questa mia “seconda vita” (mi occupo prioritariamente di rifiuti, ndr), e dunque che mi vogliano punzecchiare sull’argomento. Penso invece che, poiché si sta parlando in generale del tema della sostenibilità, questa venga dai più (giustamente) associata anche al tema della mobilità.

I talebani, in un senso e nell’altro
La mobilità elettrica è senza dubbio una tecnologia che ben si può descrivere con l’anglofila espressione di “game changer” in quanto, se ben utilizzata, consente di conseguire una serie di importanti benefici rispetto all’alternativa fossile. Benefici che vanno dalla grande efficienza di utilizzo dell’energia, alla possibilità di alimentazione con energia rinnovabile, al potenziale ruolo di supporto/integrazione con la rete elettrica, in definitiva alla possibilità di passare da un sistema sostanzialmente usa e getta (estrazione-combustione-emissione) ad uno molto più circolare (estrazione-riutilizzo-riciclo).
A fronte di questo, numerose persone vedono questa soluzione con adorazione, che si può declinare nelle due varianti: un genuino afflato ambientalista da “salvatori del mondo”, oppure un trasporto squisitamente tecnologico verso qualcosa che, oggettivamente, si presenta molto più prestazionale e innovativo (ed è naturalmente Tesla, su questo aspetto, a fare la parte del leone).
Un’altra parte del mondo ambientalista la giudica invece in maniera fortemente critica, per non dire del tutto negativa, arrivando addirittura a ritenerla peggiore rispetto alla mobilità convenzionale basata sul petrolio, e regalando in questo modo un ottimo assist a tutti i detrattori convenzionali. È soprattutto il caso del mondo ciclistico più integralista, con il quale ho cercato più volte di intavolare un ragionamento costruttivo, ma che, con mio grande rammarico, continua a mantenere sullo stesso piano il tema dell’occupazione di spazio e quello delle emissioni di inquinanti atmosferici. Inquinanti che danneggiano in primo luogo proprio gli stessi ciclisti. Io che sono un ciclista urbano non posso che compiacermi quando avvisto un veicolo elettrico sulla mia strada…

La disponibilità a cambiare le proprie abitudini o i propri comportamenti
È formidabile osservare come le persone che mitizzano l’auto elettrica riescano a tradurre in termini positivi gli inevitabili disagi (o forse meglio chiamarle le limitazioni) di questi veicoli rispetto ai termici. Questo genere di persone affermerà ad esempio che in realtà si perde ancora meno tempo per la “ricarica” rispetto a un veicolo convenzionale, visto che tutte le mattine l’auto è piena e pronta per l’utilizzo giornaliero. Oppure ancora diranno che non esiste alcuna perdita di tempo per la ricarica rapida, visto che si tratta di tempo utilizzato per sfamarsi oppure per gestire impegni di lavoro (mail, telefonate).
Ed è altrettanto incredibile osservare come, viceversa, per altre persone queste apparenti limitazioni vengano ancora oggi percepite come insormontabili, e dunque “L’auto elettrica sarà sicuramente il futuro, ma mancano ancora 10-20 anni”.

E allora, che fare?
Per concludere, possiamo azzardarci a dire che l’auto elettrica è come la plastica: un materiale straordinario, con innumerevoli vantaggi, che però possono essere vanificati se viene utilizzato male. Come ho avuto modo di ribadire in tutti i miei interventi pubblici sull’argomento, l’auto elettrica è un elemento imprescindibile della mobilità sostenibile e della transizione energetica. Ma resta altrettanto imprescindibile la necessità di partire innanzitutto da una forte diminuzione dell’uso dell’auto privata, soprattutto nei contesti urbani. È tuttavia impensabile che si possa mai arrivare ad abolire questo strumento così pervasivo. Chi lo sostiene, se non è in mala fede, è evidentemente fuori dal mondo e non ritiene di dover contribuire in maniera costruttiva ad affrontare il problema. La mobilità privata “residuale” non potrà che essere elettrica. Non domani, oggi! Non fosse altro che perché dobbiamo entrare nell’ottica di lasciare sottoterra i combustibili fossili nel più breve tempo possibile, il tempo sta scadendo. Ma è quantomeno auspicabile che l’utente che passa da un’auto convenzionale ad una elettrica lo faccia perché animato dal giusto afflato “ambientalista”, e dunque sia disposto a cambiare le proprie abitudini, a partire dal proprio modo di guidare. Anche perché un cambiamento di questo genere è sicuramente il più semplice tra tutti quelli che dovremo, volenti o nolenti, affrontare.